La causa è stata avviata da una società che operava nel settore della vendita online di integratori alimentari e altri prodotti. La società ha contestato un verbale di accertamento ispettivo emesso dall’Ispettorato del Lavoro, che aveva qualificato gli influencer come agenti di commercio, imponendo il pagamento di contributi previdenziali e altre sanzioni (si ricorda che in Italia a differenza di altri paesi la società è tenuta al versamento di una parte dei contributi previdenziali a carico dell’agente).
La società ha sostenuto che gli influencer non possono essere considerati agenti di commercio poiché il loro lavoro è di natura occasionale e non stabile, ritenendo che il contratto di "influencer marketing" è atipico e non rientra nello schema del contratto di agenzia. Inoltre l’influencer non ha un obbligo giuridico di promuovere la conclusione di contratti, agendo liberamente e senza vincoli.
L’Ispettorato riteneva che gli influencer svolgono una vera e propria attività promozionale di vendita, simile a quella degli agenti di commercio. Il compenso degli influencer è determinato dagli ordini direttamente procurati e andati a buon fine, il che rientra nella definizione di agenzia commerciale. La continuità e la stabilità delle collaborazioni degli influencer con la società dimostrerebbero la sussistenza di un rapporto duraturo di agenzia.
Il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso della società stabilendo che un influencer che promuove prodotti sui social media e ricevono compensi basati sugli ordini procurati è da considerarsi agente di commercio. La continuità della collaborazione dell’influencer con la società comprova il carattere stabile del rapporto che va pertanto qualificato quale rapporto di agenzia.
Tale sentenza potrebbe avere implicazioni significative per il settore del marketing digitale e degli influencer. Le aziende che collaborano con influencer potrebbero essere tenute a versare contributi previdenziali e rispettare le normative relative ai contratti di agenzia.