Un albergatore ha letto la recensione di un cliente su un portale di viaggi, nella quale si affermava che il suo hotel sprigionava "il fascino degli anni ‘60-‘70” e che la "pizza al prosciutto, che costava 8,90 euro, era troppo cara in confronto alla sua qualità”. Essendo preoccupato per la buona reputazione del suo hotel, ma soprattutto temendo anche una perdita di fatturato, l’albergatore ha convenuto in giudizio il portale per ottenere la cancellazione della recensione in questione. Il portale si è rifiutato di farlo, affermando di non dover dare seguito a ogni divergenza di opinioni. Ciò è teoricamente corretto; nel caso in questione, tuttavia, l’albergatore ha anche avuto la brillante idea di sostenere che il recensore non è mai stato cliente del suo hotel.
La Corte suprema federale tedesca ha dato ragione all’albergatore in ultimo grado (sentenza del 9/8/2022, VI ZR 1244/20), sostenendo che, se si ipotizza una chiara lesione di un diritto, il portale ha il dovere di procedere a un controllo. Nel caso di specie, avrebbe dovuto chiedere all’utente in questione la prova di essere stato effettivamente nell’hotel, cosa che non è successa.
A nostro giudizio, questo è uno dei rari casi in materia di tutela dei diritti dei consumatori in cui gli interessi del professionista e del consumatore coincidono ampiamente.